Elisa Callejera

Elisa Callejera
dove i Sogni ... diventano realtà

domenica 13 settembre 2015

LIBERAMENTE TOUR 2015 *SARDEGNA* - Maria Mulas e il pane di ghiande

Scendendo dal Supramonte, per caso, passiamo a visitare Urzulei, un paesino di 1.275 abitanti della provincia dell'Ogliastra. E li' conosciamo Maria Mulas, una signora di 83 anni che, con tutto il suo entusiasmo, ci invita a casa sua per visitare il suo piccolo museo raccontandoci la storia del pane con le ghiande!!!
Sentir parlare di un antico cibo come "sa terra chi lande" puo' lasciare interdetti.
Che le ghiande possano essere un alimento per gli esseri umani puo' apparire strano ma in realtà, in un tempo lontano, senza memoria alcuna, quando nutrirsi era l'unica ragione di vivere, qualcuno trovo' questo frutto, per lo piu' amaro, un alimento altamente calorico, capace di dare sostentamento e vita. L'inedia è uno spettro terribile da abbattere e l'uomo, per natura fatto essere intelligente e razionale, deve pero' al suo istinto di sopravvivenza, la scoperta di un nutrimento, certamente poco appetibile, ma in grado di dare l'energia necessaria per poter andare avanti.
Il passato di una cultura antica riportata ai giorni nostri è frutto della caparbietà di un'anziana donna: la signora Maria Mulas, che ripropone questo antico cibo la cui ricetta consta di tanti piccoli dettagli. Figlia di una famiglia modesta, conobbe questo pasto non tanto per necessità, ma perchè nel piccolo comune di Urzulei era usuale cibarsene. Sua madre lo confezionava e lo dava ai piu' poveri nei periodi di festa quale omaggio per chi piu' sfortunato: c'era poco da festeggiare, ma anche quel presente diventava fonte di sostentamento.
La cara zia Maria, con la sua vitalità, è riuscita a riproporre un'usanza frutto della necessità col suo strascico di stenti e privazioni che ci porta a riflettere sulla nostra attuale "opulenza" e gli sprechi conseguenti. Sono tanti gli anziani che ancora oggi dicono di essersi cibati de "sa terra chin lande", come Giovanna Balisai, una vita trascorsa nel territorio di Codula, dove la povertà e i patimenti erano un pane quotidiano e dove quel cibo, fatto di ghiande, era una fonte di sostentamento primario.
Seguendo la richiesta di Giuseppe Mesina, sindaco di Urzulei dal 2000 al 2010, zia maria va oltre la semplice dimostrazione di come quel frutto mischiato all'argilla, possa divenire qualcosa di commestibile.

Il pane di ghiande veniva ricavato previa cottura delle ghiande di leccio (Quercus ilex L.) e di rovella (Quercus pubescens L.), numerosi nei dintorni del paese, assieme all'argilla.
Si tratta di un alimento ormai scomparso dalle tavole, ma ancora presente nelle antiche memorie degli anziani, alcuni dei quali ancora in grado di prepararlo.
Le ghiande erano un frutto utilizzato per cibare gli animali, specialmente i maiali, a causa del loro sapore amaro non erano adatte agli uomini.
Nei dintorni di Urzulei crescevano, e crescono, rigogliosi boschi di ilighe (leccio) e cherchi (rovella).
Questi alberi producono ghiande dal sapore dolciastro, che ben si prestavano a essere nutrimento per gli uomini.
A novembre, le ghiande, venivano raccolte e portate negli ovili e sistemate in un apposito recipiente di legno chiamato "su lagheddu". In ogni ovile c'era una capanna: "su barraccu", e in un ripiano - cannitta- di legno di ginepro veniva riposto su laghettu. Li' le ghiande venivano lasciate essiccare - atturare.
Dentro la capanna, il fuoco era sempre acceso perchè i pastori potessero scaldarsi e proteggersi dai freddi inverni, e le ghiande nel frattempo essiccavano. Venivano rigirate di tanto in tanto, finchè non erano pronte per preparare il pane. Le ghiande stazionavano sulla "cannitta" per circa tre mesi.
Una volta perfettamente essiccate, le ghiande venivano schiacciate una per una con una pietra tonda - "sa coccoda" - su un sasso piu' grande o su un ciocco di legna, per togliere la scorza esterna.
Venivano poi riposte in una sacca tessuta con peli di capra, detta "su tacheddu", che tenuta saldamente tra le mani, veniva battuta sulla roccia o sul ciocco. Durante questa fase, le ghiande perdevano anche la seconda buccia, sottile e aderente al seme, sfregando tra loro e contro il tessuto grezzo.
Le ghiande erano cosi' pronte per essere cotte.
Un altro ingrediente fondamentale per la preparazione di su pane 'e lande è l'argilla rossa: "su ludu orrubiu, anch'essa reperibile nei dintorni del paese.
La terra veniva passata attraverso un setaccio - "su chilifru" - a maglie sottili, di modo che sassolini e impurità fossero trattentute. Quando la terra si presentava volatile e sottile, simile alla farina, era pronta per essere mescolata con l'acqua. La fanghiglia cosi' ottenuta veniva lasciata riposare dai tre ai cinque giorni, al termine dei quali veniva versata in un grosso pentolone di rame - "su lappiolu" - e messa a bollire.
Successivamente venivano aggiunte le ghiande e un pezzo di sughero, in modo che attirasse a sè il verde rame, nocivo per l'uomo, prodotto dalla pentola. Il composto veniva rigirato in continuazione, finchè non si presentava compatto e scuro. Il contenuto della pentola veniva riversato in una sorta di vassoio di sughero chiamato "s'oppedda", dove veniva compattato e poi tagliato a fette.
"Su cunfettu" era pronto"!
Non restava che mangiarlo, e per renderlo piu' appetibile al palato, veniva accompagnato con del latte di pecora, bevuto da un mestolo ricavato dal corno del bue: "su locargiu".
Su cunfettu non era l'unico modo di consumare le ghiande, che potevano essere mangiate in brodo, in modo che la gente si nutrisse del composto ancora liquido. 
Le ghiande potevano essere tolte dal brodo di cottura e questo veniva lasciato bollire finchè non condensava a formare una gelatina che poi veniva data ai bambini. 
Le ghiande sono un alimento altamente nutritivo, ricco di carboidrati e grassi, come tutte le sementi, e forniscono inoltre un minimo apporto proteico. Contengono anche diverse vitamine e sali minerali indispensabili.

IL CAFFè DI GHIANDE
Dalle ghiande, si otteneva inoltre, un buon surrogato del caffè. Durante i mesi invernali, le ghiande dolciastre, venivano raccolte, abbrustolite al fuoco del caminetto e dopo una breve lavorazione potevano essere utilizzate per preparare il caffè di ghiande.
Le ghiande venivano private della buccia esterna e tagliate a fettine sottili, che venivano sistemate su una tegluia per essere messe sul fuoco per una decina di minuti.
Il calore seccava la pellicina che avvolta attorno al seme, in modo che potesse essere facilmente tolta.
Iniziava finalmente la tostatura delle ghiande: poste in un contenitore cilindrico con un lungo manico chiamato turradore, che a sua volta veniva posto sulla fiamma viva.
Grazie al manico era possibile tenere le ghiande in movimento, in modo che tostassero in modo uniforme, senza bruciare. le ghiande tostate venivano triturate finemente con un comune macina caffè.
Ultimata la macinatura, la polvere ottenuta veniva messa da parte, in attesa che l'acqua bollisse. Con l'ausilio di una caffettiera napoletana si seguiva poi lo stesso procedimento per preparare il caffè, sostituendo la mischela di caffè con quella di ghiande.
In questo modo anche chi non poteva permettersi il caffè, poteva comunque godere del piacere di sorseggiare una bevanda calda mentre scambiava due chiacchere.
Grazie di Cuore a Maria Mulas, una donna speciale dall'entusiasmo contagioso!!!

2 commenti:

  1. grazie per questo bellissimo post!

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